C’era una volta la Moka, caffettiera italiana.
C’era una volta la Moka e c’è ancora. In fondo, per i veri cultori del caffè è difficile abbandonarla. È cosa più che rara ma in alcuni piccoli luoghi di ristorazione, resistono ancora i caffè fatti con la moka. Questa caffettiera nasce però per l’uso domestico. Viene ideata nel 1933 da Alfonso Bialetti con l’idea di proporre un modo facile e veloce per degustare un caffè. Un caffè perfetto e con un buon contenuto di caffeina. A differenza dei suoi predecessori, sfrutta la pressione esercitata dal vapore sull’acqua che sale attraverso il filtro. La leggera pressione permette la riuscita di un caffè corposo, armonioso e che rispetti le sue proprietà aromatiche.
Cosa vuol dire Moka?
La caffettiera prende il nome del suo inventore, Bialetti…ma perché Moka? Il termine fa riferimento al porto Mokha, nello Yemen, dove tra il XV e il XVII secolo si era concentrato il mercato del caffè.
Bialetti pensò a tutto per la sua caffettiera. Gli mise un coperchio e un bel manico in bachelite. Quest’ultima è una resina sintetizzata a inizio del Novecento e che oggi è stata sostituita dalla più comune plastica.
La geometria della caffettiera
La particolarità del design è sintetizzata nella forma ottagonale che la contraddistingue dalle imitazioni. Altri marchi hanno utilizzato forme simili, cambiando però il numero dei lati del poligono regolare.
Quante tazzine?
La caffettiera di Bialetti è prodotta in varie misure diverse. Recentemente è uscita la più piccola: per soli 40 ml di caffè ma le misure in commercio prevedono dimensioni che arrivano a riempire diciotto tazzine.
La Moka rimane tuttora un ottimo esempio di design perché unisce la praticità e la funzionalità a delle componenti estetiche più che valide in grado di durare nel corso del tempo.